Ci sono dei momenti in cui è davvero difficile essere ecofelici. Per esempio quando vedi che la Montagna alla quale hai dedicato i primi anni del tuo volontariato ambientale è completamente distrutta da un incendio senza precedenti, doloso e probabilmente mafioso.
Però poi rifletti e ti dici:
So che non cambierò il mondo, ma penso che ognuno di noi
debba fare la sua parte, cambiandone magari anche solo un metro quadrato, ma
che sia quello giusto, che sia proprio il suo.
E quando non ci riesco mi tormento, mi amareggio, soffro
per la fatica e me la prendo con il mio corpo che non sempre sostiene le
ispirazioni dell’anima, o mi arrabbio con chi mi sta vicino se non mi capisce,
mi rallenta o mi ostacola; mi chiudo in me stessa, penso di rinunciare, ma poi…
Poi riprendo il mio fardello di sogni paure e speranze, e
vado avanti,forse non quanto vorrei, ma quanto posso. Forse nessuno capirà mai che
quello che faccio non lo faccio per la gloria o tantomeno per i soldi e neanche per un ideale
politico o culturale.
Io lo faccio per i bambini che non vedrò nascere.
Lo faccio per quegli alberi che daranno frutti quando io
sarò polvere nel vento.
Lo faccio, semplicemente, perché lo devo fare.