domenica 21 ottobre 2018

Rane, scorpioni, empatia e tsunami

 La favola della rana e dello scorpione è una vecchia metafora delle relazioni umane.
Si può riassumere così:
  Uno scorpione chiede a una rana di traghettarlo al di là di un fiume. La rana è dubbiosa: "Non so se posso farlo, e se poi mi pungi?" "Ma sarei uno sciocco a fare una cosa del genere! Se ti pungo e tu muori, anch'io annegherò perché non so nuotare!" 
Rassicurata, la rana prende su di sé lo scorpione e questo, non appena sono in mezzo al fiume, la punge.
"Perché l'hai fatto? Ora moriremo entrambi!" dice disperata la rana. "Dovevo farlo: sono uno scorpione, è la mia natura", è la risposta.
 
 
 
Per molti la morale di questa favola è semplice: non fidatevi degli scorpioni, anzi possibilmente non fidatevi proprio di nessuno.
Ma invece di pensare allo scorpione io vorrei occuparmi della misconosciuta rana. Perché anche lei è, a pieno titolo, protagonista della storia.
E, se è vero che la natura dello scorpione lo porta a pungere e a uccidere, anche a rischio della sua stessa vita, bisogna dire che anche la rana ha una sua natura. La rana è empatica, generosa e solidale e non può fare a meno di esserlo. Non è stupida, sa che gli altri possono ingannarla, eppure è sempre disponibile ad aiutarli. E spesso ci rimette la pelle, ma continua a farlo.
 
A questo punto però la domanda sorge spontanea: Se tutto questo è vero, come mai le rane non sono ancora estinte?
 
 
Semplice. Perché la Natura, che è provvida, ogni tanto manda un'onda di piena che, prima che lo scorpione possa pungere la rana, travolge entrambi. La rana, abituata a nuotare e ad essere sommersa, se la cava e lo scorpione annega miseramente.
Allora forse quando le rane gracidano tutte insieme, stanno pregando per uno tsunami.